FOMO: la paura di essere tagliati fuori che genera ansia e insicurezza

Controllare i social di continuo, rimanere al passo con gli eventi, commentare gli avvenimenti salienti di cui tutti parlano, sono tutte facce della stessa medaglia: un disturbo chiamato FOMO, Fear of missing out.

Radio Tabù
3 min readJul 8, 2022

Il termine, letteralmente “paura di essere tagliati fuori”, indica una sorta di ansia sociale derivante dalla paura di venire estromessi dalle attività e interazioni sociali. Non si tratta di un fenomeno nuovo: la paura di essere tagliati fuori è un sentimento comune e sperimentabile da chiunque, in modo più o meno saltuario. Ma negli ultimi anni, nell’era dell’informatizzazione e dei social media, si è notato un incremento di frequenza e intensità di questo “sentimento”, che colpisce maggiormente i più giovani.

Il primo ad averne parlato in questi termini è stato uno studente della Harward Business School, Patrick McGinnis, che nel 2004 aveva descritto due meccanismi legati ai programmi sociali degli studenti: la Fear of missing out e la Fear of better options. Di fomo, poi, non si è più sentito parlare fino a quando lo studioso Adrew Przybylki pubblicò un articolo a riguardo, riprendendone in mano lo studio.

Che i social incrementino ansia e depressione, è cosa risaputa: molti sono gli studi a riguardo e anche i tentativi di sensibilizzazione. Ora, a contribuire a tali disturbi si aggiunge anche questa nuova fobia, non molto dissimile dalla internet addiction. Proprio come per quest’ultima, alti livelli di fomo sono correlati a bassi livelli di autostima. I social, lo sappiamo, ci spingono a confronti e paragoni continui con le vite degli altri, soprattutto in relazione alle esperienze di gruppo, come una cena fuori, la partecipazione a un evento, un weekend trascorso in compagnia di altre persone. Il bombardamento continuo di queste immagini all’apparenza perfette, può provocare in chi guarda un forte senso di inadeguatezza e solitudine. Allo stesso tempo, anche chi vive questi eventi sociali sente il bisogno di doverli condividere con la rete. Si entra in un circolo vizioso di insoddisfazione, in cui ci si trova a gareggiare con se stessi e gli altri, nella corsa alla novità, all’esibizione fine a se stessa.

La fomo assume caratteri comportamentali compulsivi, come il controllo ossessivo dei social o la necessità di dover visualizzare subito eventuali notifiche; sul piano cognitivo si caratterizza per la presenza di pensieri intrusivi e ricorrenti circa la vita che scorre in nostra assenza: “se il telefono non prende, non posso rimanere in contatto con i miei amici”; “ho lasciato il telefono a casa: non posso vedere chi mi ha cercato”.

Chi soffre di fomo, così come di internet addiction, spesso non ne è consapevole e si limita a sperimentare uno stato di agitazione e desiderio di controllo continui.
Gli studi a riguardo sono molti e hanno evidenziato come essa si associ a più elevati livelli di ansia e depressione, carenza di attenzione, minore soddisfazione per la propria vita e svalutazione di sé, uso problematico degli smartphone, problemi di sonno.

Come abbiamo detto, i social media contribuiscono allo sviluppo del sentimento di solitudine in chi ne usufruisce: questo sentimento si lega a doppio filo al fenomeno del fomo, perché viene alimentato da questo continuo confronto con le vite altrui, le esperienze altrui, facendo sentire lo spettatore inadeguato ed escluso.

Del rapporto tra solitudine e patologie abbiamo già avuto modo di parlare. La solitudine, infatti, si accompagna a un più elevato rischio di sviluppo di malattie psicologiche come ansia e depressione, disturbi psicotici e ideazione suicidaria; ma anche abuso di sostanze e sviluppo di malattie neurodegenerative come l’Alzheimer.

La paura di essere tagliati fuori è derivativa di una insicurezza nata dal confronto costante con una società sempre attiva e, allo stesso, la alimenta: si innesca, così, un circolo vizioso dal quale è difficile uscire.
Per intervenire è necessario riconoscere il problema e, come abbiamo spesso ribadito, iniziare a parlare più apertamente di salute mentale e della sua tutela.

Pur non essendo ancora una patologia riconosciuta, continua a essere oggetto di interesse e, se non adeguatamente inquadrata e “curata”, la fomo può andare ad acuire patologie preesistenti o latenti o essere prodromica di disturbi comportamentali.

Articolo di Marianna Nusca

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