No, in Italia le persone dello stesso sesso non possono sposarsi

Il matrimonio per coppie di persone dello stesso sesso è legale in molti Paesi e già da parecchi anni. Tra quelli europei, però, non configura l’Italia che resta l’unica, in Europa occidentale, a non averlo ancora reso legale. Eppure molti sono convinti che anche da noi le persone dello stesso sesso possono convolare a nozze, ma non è esattamente così.

Radio Tabù
4 min readJun 10, 2022

A contribuire a questa credenza ci sono anche molti articoli altisonanti -con toni di celebrazione inclusiva, ma senza accorgersi delle palesi discrepanze- che parlano di matrimoni e nozze relative a coppie omosessuali. La realtà, però, non è questa. Per lo meno non a livello legale.

In caso due persone dello stesso sesso desiderassero unirsi legalmente, l’unico strumento messo a disposizione dallo Stato sono le cosiddette unioni civili. La differenza non è, come alcuni credono, solo il fatto di non potersi sposare in chiesa.

Ci sono differenze a livello legale, rispetto al matrimonio, tra cui l’impossibilità di adozione congiunta. Infatti, se in Italia una coppia dello stesso sesso desidera avere un figlio, l’unico strumento a cui poter ricorrere è la cosiddetta stepchild adoption, che permette a una delle due parti di adottare il figlio (naturale o adottivo) dell’altra, ma non di adottarlo come coppia. Con il matrimonio, invece, l’adozione è possibile e facilitata.

Sul lessico fuorviante usato per riferirsi alle unioni civili, ha già scritto la rivista Wired in un articolo in cui critica le scelte di utilizzare i lemmi della sfera del matrimonio per una unione che, legalmente, matrimonio non è.
Se, da una parte, usare la stessa terminologia può creare un senso di familiarità e normalizzazione (come dovrebbe anche essere, in un’epoca moderna come la nostra) per le unioni di coppie omosessuali, dall’altro lato rischia di confondere e non far riflettere adeguatamente sulla questione.

Le unioni civili per persone dello stesso sesso sono state rese possibili, nel 2016, dalla Legge Cirinnà (L.76/2016), solo a seguito di ripetute sanzioni da parte della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.
Un’altra differenza con il matrimonio è che, nelle unioni civili, la fedeltà non è un obbligo espressamente richiesto. Questo implica, a differenza del primo, che in caso di infedeltà non ci sarebbero ripercussioni legali per i due membri della coppia.

Può sembrare una questione di poco conto che, però, racconta la visione che si ha delle coppie dello stesso sesso. Non venendo contemplata la fedeltà tra i contraenti, è come se passasse l’idea che nelle coppie omosessuali l’infedeltà sia all’ordine del giorno e un fattore trascurabile.
Una sorta di omofobia interiorizzata che vede la sessualità omosessuale come promiscua. È per questo tipo di visione anacronistica e distorta che ancora si ritiene, per esempio, che il virus dell’HIV sia maggiore tra le persone con orientamento omosessuale. Una visione smentita dai dati statistici.

Per questo in Francia, per esempio, fino a pochi mesi fa era proibito agli uomini omosessuali di donare sangue a condizione di non aver avuto rapporti sessuali nell’anno precedente la donazione (periodo abbassato, nel 2020, a quatto mesi).

Il divieto totale di donare il sangue era entrato in vigore nel 1983, a seguito di una epidemia di Aids, e rimasto fino al 2016.
Ma se il divieto è decaduto in Francia, in altri Paesi continua a sussistere anche in caso di rapporti sessuali protetti.

Tornando alla fedeltà di coppia, dietro la scelta di non contemplarla come necessaria nelle unioni civili, può esserci anche la visione della famiglia.
La fedeltà coniugale del matrimonio, infatti, è posta in essere per preservare la famiglia, come unità minima fondamentale della società.

Se per le unioni civili questo requisito non viene richiesto, c’è un declassamento delle coppie dello stesso sesso, non considerate “valevoli” ad assolvere la stessa funzione comunitaria.

Non è tutto: già il solo fatto che esistano unioni distinte per persone eterosessuali e persone omosessuali, va a rimarcare una differenza sostanziale — e discriminatoria– agli occhi della società e della legge.
Se la religione su questo fronte rimane stringente, sarebbe quanto meno bastato permettere lo stesso tipo di rito, in sedi legali come i comuni, a qualsiasi coppia, senza distinzioni di sorta.

La visone che molti di noi hanno della società è una visone normata, che non ci porta a riflettere sulle implicazioni che si nascondono dietro a molte situazioni.

Sebbene le unioni civili possono essere considerate una conquista, non sono ancora sufficienti a superare il divario ideologico che separa l’eterosessualità dall’omosessualità.

In occasione del mese del Pride vorremmo invitare a riflettere ancora di più su tematiche che possono sembrare banali per noi, ma di importanza capitale nella lotta al raggiungimento dell’uguaglianza dei diritti.

Articolo di Marianna Nusca

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