Si torna a parlare di aborto. Ma si è mai smesso veramente?

La Corte Suprema americana ha proposto una bozza di legge per abolire la sentenza Roe vs Wade, che dal 1973 ha legalizzato, a livello federale, l’aborto negli Stati Uniti.

Radio Tabù
5 min readMay 5, 2022

Non è presente, però, una legge unica che ne stabilisca tempistiche e modalità, lasciate alla legislazione dei singoli Stati.
Questo rende, di fatto, l’aborto impraticabile in alcuni Stati (principalmente repubblicani). Ne è un esempio il Texas che ha limitato l’interruzione volontaria di gravidanza alle sole prime sei settimane, quando una donna scopre appena di essere incinta.

La bozza della Corte Suprema

A darne la notizia è stato il giornale online Politico che ha diffuso la bozza che la Corte Suprema dovrebbe discutere a giugno, suscitando l’allerta degli attivisti per i diritti.
L’autenticità della bozza è stata confermata dal presidente della Corte Suprema John Roberts.

“Riteniamo che Roe vs Wade debba essere annullata. È tempo di dare ascolto alla Costituzione e restituire la questione dell’aborto ai rappresentanti eletti del popolo”

questo quanto si legge all’interno della bozza. Una proposta che, se approvata, potrebbe portare alcuni Stati a una maggiore restrizione dell’IVG fino, addirittura, alla sua criminalizzazione.
A seguito della notizia, è sorto un movimento di protesta all’esterno della sede della Corte Suprema a Washington e altri ne sono nati nelle maggiori città americane. Oltre alla revoca della decisione, i manifestanti chiedono un intervento forte e più interessato da parte dei Democratici.

Contro questa decisione è anche il Presidente Joe Biden, il quale ha anche esortato i cittadini a votare rappresentanti democratici pro-choice per arginare la spinta conservatrice e repubblicana:

“Il diritto di scelta di una donna è fondamentale. La sentenza Roe vs Wade non deve essere ribaltata”.

L’IVG in Europa

Ma l’aborto è un diritto costantemente in pericolo in molti altri stati, anche europei.

A far discutere molto, negli ultimi anni, la Polonia dove è stato ulteriormente ristretto a pochissimi casi eccezionali: una sentenza del 2020 ha, infatti, vietato la pratica anche in caso di gravi malformazioni del feto, malattie incurabili o pericolose per la vita. Questi sono i risultati di una campagna costate degli anti-abortisti appoggiati dal partito conservatore Diritto e Giustizia.

Dopo le proteste tra 2020 e 2021, a gennaio di quest’anno sono riprese a seguito della morte di una giovane donna cui i medici hanno negato l’IVG.
Non solo:

La Polonia ha vietata l’aborto anche alle donne ucraine vittime di stupri di guerra, aggiungendo violenza alla violenza.

In Irlanda e Irlanda del Nord l’aborto è stato reso legale solo, rispettivamente, nel 2018 e nel 2019, ma solo in casi particolari come malformazioni del feto, casi di stupro o incesto e, nella Repubblica d’Irlanda, se la salute -mentale e fisica- della donna è in pericolo.

Discorso analogo per San Marino, dove l’aborto è diventato legale solo nel 2021 e sempre in caso di malformazioni e gravi malattie.
Questi sono solo alcuni dei moltissimi esempi, e solo europei, in cui il diritto all’aborto è minato o calpestato del tutto.

Dall’altro lato della bilancia, invece, ci sono Paesi in cui l’aborto non solo è legale ma viene praticato anche telematicamente: dopo un consulto online da parte di medici e infermieri, l’invio di documenti e di una ecografia, alla donna vengono spedite due pillole abortive e un antidolorifico. È il caso, ad esempio, della Germania, dove il crescente numero di medici obiettori ha spinto a trovare soluzioni alternative.

A fare un ulteriore passo avanti, invece, è la Francia che ha esteso da 12 a 14 settimane la finestra di tempo in cui praticare l’IVG e ha allargato il bacino di sanitari che possono praticarla.

Il Presidente francese Manuel Macron, in un discorso al Parlamento Europeo, ha espresso il desiderio d'integrare l’interruzione volontaria di gravidanza nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea.

E in Italia?

Da noi l’IVG è legale dal 1978 e dal 2020 è diventata possibile anche l’assunzione, senza ricovero, della pillola RU486, fino alla nona settimana.
Sappiamo, però che di fatto non è così: il numero crescente di obiettori di coscienza impedisce di esercitare questo diritto anche in intere regioni. I ginecologi obiettori (senza contare tutto il personale sanitario), in Italia, sono il 70%: triste primato va al Molise con un picco che supera il 90% di obiettori.

Dietro questa decisione non c’è solo la fede religiosa: molti medici diventano obiettori per evitare discriminazioni sul posto di lavoro. Alcuni, infatti, obiettori nel pubblico, offrono le loro prestazioni senza problemi di coscienza in cliniche private.
Un altro motivo è che le interruzioni di gravidanza sono operazioni poco complesse e non permettono una crescita o gratificazione professionale. Oltre a ciò, essendo elevato il numero di obiettori, il carico ricadrebbe sui pochi medici che decidono di praticare l’aborto, relegandoli a questo unico ruolo.

Quali che siano le cause, un tasso così elevato di obiettori non garantisce la piena tutela e applicazione della legge 194, con gravi conseguenze sul diritto della persona e la salute delle donne.

Pratiche clandestine

Sembra banale, eppure va ricordato che la criminalizzazione dell’aborto o una sua restrizione, non fa sì che questo non venga più praticato. Al contrario, come per ogni proibizione, non fa che aumentare il numero di aborti illegali, con pratiche poco sicure e in ambienti non protetti e adeguatamente sterilizzati. Questo, va da sé, comporta un grave rischio per la salute e la vita della donna.

Secondo le stime di Amnesty International sono cinque milioni le donne che, ogni anno, vengono ricoverate a seguito di complicanze legate ad aborti non sicuri e almeno 47mila di loro muoiono.

La cosa interessante è osservare come, tra i ferventi antiabortisti e cosiddetti pro-life, ci siano persone e personaggi politici che non si fanno problemi a lasciar morire in mare migranti in cerca di una vita migliore, tra i quali donne e, soprattutto, bambini.
Dove sarebbe, allora, il rispetto per la vita? Ci sono vite di serie A e vite di serie B?

Non stiamo cercando di fare di tutta l’erba un fascio ma solo d'invitare alla riflessione. Se per alcune persone, soprattutto per questioni religiose o di tabù sociali, la preservazione della vita è la cosa più importante, è innegabile che per altri non sia così.

L’interruzione volontaria di gravidanza è una questione di scelta, autodeterminazione e rivendicazione sul proprio corpo e la propria vita.

Ecco allora che il discoro sull’aborto non riguarda più rispetto e spiritualità, ma diventa una questione meramente politica e di controllo dei corpi.

In ultimo, sarebbe opportuno ribadire che le cose non si combattono con divieti e censure, con slogan populisti e di pancia, ma con la cultura, la conoscenza e l’educazione.

Articolo Marianna Nusca

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